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La Cassazione, con la sentenza 21 gennaio 2019, n. 2670, affronta -ancora una volta- la problematica questione della nozione di “privata dimora” quale elemento costitutivo del reato di cui all’art. 624-bis c.p. “furto in abitazione”.
La vicenda sottesa alla decisione della Suprema Corte riguarda la configurabilità del reato in questione nel caso in cui il furto sia avvenuto su cose sottratte all’interno di un camper, parcheggiato in area di sosta.
Si tratta di capire, dunque, se tale “luogo” rientri tra “i luoghi di privata dimora” menzionati dall’art. 624-bis c.p.
Il dato letterale del reato de quo, pur essendo rubricato “furto in abitazione”, richiama la condotta perpetrata “mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa”.
Ora, nella giurisprudenza della Suprema Corte di Legittimità la nozione di “privata dimora” è stata oggetto di innumerevoli decisioni.
E’ evidente come la giurisprudenza attribuisca alla privata dimora una valenza più ampia, un concetto più esteso tale da ricomprendere luoghi che anche solo in modo transitorio e contingente vengano utilizzati al fine di esplicare atti della vita privata e familiare. A titolo esemplificativo si ricordi che è stato ritenuto integrato il reato di furto in abitazione nel caso di furto in studio legale, negli studi professionali, in stabilimenti aziendali, la portineria di un condominio.
La questione è stata peraltro oggetto di recente presa di posizione delle Sezioni Unite della Suprema Corte La sentenza in commento, di fatto, viene a specificare e prendere atto di quanto recentemente sancito da Cass. Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico, Rv. 270076, secondo cui “Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624 bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale. (Nella specie la Corte ha escluso l’ipotesi prevista dall’art. 624 bis cod. pen. in relazione ad un furto commesso all’interno di un ristorante in orario di chiusura). (Annulla con rinvio, App. Ancona, 25/05/2015) “.
La sentenza a Sezioni Unite in questione trattava precipuamente della possibilità di ricondurre nella nozione di “privata dimora” di cui all’art. 624 – bis c.p. i luoghi di lavoro. Dunque, “Ai fini della configurabilità del delitto previsto dall’art. 624-bis c.p., i luoghi di lavoro non rientrano nella nozione di privata dimora, salvo che il fatto sia avvenuto all’interno di un’area riservata alla sfera privata della persona offesa. Rientrano nella nozione di privata dimora di cui all’art. 624-bis c.p. esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare.”
Nel corpo della motivazione le Sezioni Unite hanno individuato alcuni indefettibili elementi sulla base dei quali è possibile delineare la nozione di privata dimora:
a) “Utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne;
b) Durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità;
c) Non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare”.
Preso atto di quanto statuito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, la Quinta Sezione ha sostanzialmente ribadito il principio di diritto appena richiamato, applicandolo alla situazione di fatto sottesa.
La sentenza in commento prende le mosse dal ricorso proposto dai difensori degli imputati che ritenevano non sussumibile la condotta entro la fattispecie di furto in abitazione in quanto “il camper ove le cose sottratte erano custodite non può intendersi luogo di privata dimora anche se viene indicato che il mezzo era parcheggiato in area di sosta e che la parte lesa stesse dormendo”.
I ricorrenti affermavano che il camper dovesse essere considerato esclusivamente alla stregua mezzo di locomozione meccanico, che, come altri mezzi di trasporto, quali la vettura non può determinare la diversa qualificazione del reato.
Nel ritenere manifestamente infondati e inammissibili i ricorsi, la Quinta Sezione Penale viene di fatto a ribadire e specificare quanto già stabilito nella sentenza D’Amico a Sezioni Unite. Si ritiene infatti che i giudici di merito avessero fatto un corretto uso del principio di diritto in essa affermato, con una motivazione coerente e non illogica.
Si afferma specificamente che “l’estensione dell’ambito di applicabilità dell’art. 624-bis cod. pen., anche a luoghi diversi dall’abitazione in senso stretto deriva dall’esigenza di superare le incertezze manifestatasi in giurisprudenza, in ordine alla definizione di abitazione e, comunque, dalla necessità di tutela dell’individuo anche nel caso in cui compia atti della vita privata al di fuori dell’abitazione, sempre che si tratti di luoghi che ne conservino le caratteristiche in termini di riservatezza e, conseguentemente, di non accessibilità, da parte di terzi, senza il consenso dell’avente diritto”.
La sentenza richiama anche un precedente di legittimità proprio riferito al furto commesso in un camper. Si tratta di “Cass. pen. Sez. V Sent., 19/02/2016, n. 38236 (rv. 267908)” secondo cui “Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 624 bis cod. pen. il camper costituisce un luogo di privata dimora solo se in concreto venga accertata la sua effettiva destinazione all’espletamento di attività tipiche della vita privata, diverse dal mero utilizzo come mezzo di locomozione. (Annulla in parte con rinvio, App. Roma, 04/11/2015)”. In quel caso, la Suprema Corte aveva annullato con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello proprio perché la sentenza in motivazione non forniva alcuna spiegazione degli aspetti di vita privata che sarebbero stati svolti al fine di giustificare la qualificazione giuridica del fatto alla stregua di furto in abitazione.
Al contrario, nel caso, in questione la Quinta Sezione sottolinea come i giudici di merito avessero precipuamente specificato e valutato che il camper era destinato, seppur per motivi contingenti, al pernottamento della persona offesa.
Pertanto, pur se mezzo di locomozione in quel caso il camper era stato funzionalmente destinato allo svolgimento di atti della vita privata (il pernottamento), seppure in modo transitorio e contingente.
La Quinta Sezione ha dunque ritenuto affermato che “nel caso in esame emerge, dalla motivazione dei provvedimenti di merito, non contraddittoria, né manifestamente illogica, che non soltanto il camper era parcheggiato in area di sosta, ma che all’interno di esso, la parte lesa stesse dormendo e che, dunque, il mezzo era utilizzato non soltanto come mezzo di trasporto, ma per il pernottamento, dunque, per lo svolgimento di attività tipica della vita privata, seppure in modo transitorio e contingente”. Ne deriva che il anche il camper, laddove sia comunque funzionalmente destinato allo svolgimento di un’attività tipica della vita privata, può essere ritenuto luogo di privata dimora e, come tale, il furto ivi commesso debba essere ricondotto entro l’alveo di applicazione del “furto in abitazione” di cui all’art. 624-bis c.p.
Fonte: Altalex
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2019